lunedì 29 febbraio 2016





Cassazione 23 febbraio 2016 n. 2973 
La multa è valida solo se l’auto invade la corsia dell’autobus o è in zona con le strisce blu
Cari lettori, Vi riporto, di seguito, un'interessante sentenza della Cassazione civile del 16.02.2016 n. 2973, in merito ai poteri in materia di multe degli ausiliari del traffico e degli ispettori delle compagnie di trasporto pubblico locale.


ATTENZIONE PERCHE' HANNO POTERI LIMITATI E CONSEGUENTEMENTE LE MULTE POTREBBERO ESSERE NULLE!


da http://www.laleggepertutti.it/111806_multe-nulle-per-ausiliari-del-traffico-e-ispettori-del-tpl


Così come gli ausiliari del traffico possono fare le multe solo per le violazioni sulle strisce blu (i parcheggi, cioè, con il cosiddetto ticket), altrettanto gli ausiliari delle aziende di TPL (trasporto pubblico locale) possono farle esclusivamente quando l’auto viola le strisce gialle destinate alle corsie per i pullman o gli autobus. È quanto chiarito dalla sentenza della Cassazione che interviene su una questione tutt’altro che pacifica.

Tanto gli ausiliari del traffico quanto gli ispettori delle compagnie di trasporto pubblico locale hanno poteri limitati in materia di multe: le sanzioni per violazioni al codice della strada sono, infatti, legittime esclusivamente se riferite a infrazioni sulle strisce blu (per gli ausiliari) o sulle strisce gialle (per gli ispettori). Pertanto, secondo la Corte, gli ispettori delle compagnie di trasporto locale possono sì fare le multe, ma soltanto se accertano circolazione e sosta illegittima nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, non anche sulle strisce blu o nel resto del territorio urbano. Ciò per analogia con quanto avviene con gli ausiliari del traffico, addetti al controllo dei ticket per la sosta a pagamento, i quali possono rilevare soltanto le infrazioni di chi ostruisce il parcheggio negli stalli riservati oltre che di quanti posteggiano senza titolo.
Le norme, infatti, che conferiscono i poteri a tali due figure “speciali” derogano alla competenza dei vigili urbani e, in quanto straordinarie, non possono essere oggetto di interpretazione estensiva ad altre fattispecie. Pertanto è nulla la multa dell’ausiliare del traffico o del dipendente dell’azienda di tpl se la contravvenzione è, per esempio, per violazione di un passo carrabile o per un semplice divieto di sosta su area dove è vietato il parcheggio dell’auto.

Il Comune, dunque, non può emettere dei provvedimenti che stabiliscono regole differenti, accordando poteri più ampi agli ispettori della società di trasporto o agli ausiliari e autorizzandoli ad accertare anche le violazioni in materia di sosta su tutto il territorio comunale.
Deve ritenersi che abbia natura eccezionale la deroga ai poteri dei vigili che conferisce il potere di accertare le infrazioni a soggetti che non sono compresi nel novero dei soggetti indicati dal codice della strada né sono dipendenti della pubblica amministrazione.

In passato la questione è stata affrontata da una sola sentenza della Cassazione, secondo la quale i dipendenti dell’azienda di trasporti, così come gli ausiliari del traffico, in tanto sono legittimati ad accertare le violazioni al codice della strada in quanto le aree sono quelle riservate al trasporto pubblico delle persone: si pensi al caso dell’auto che, superando la linea gialla, invada la corsia degli autobus o dei pullman. Né nulla, dunque, la multa per l’auto posteggiata sul marciapiede e non su di un’area funzionale al parcheggio o alla manovra in un’area in concessione e neppure alla circolazione delle corsie riservate ai mezzi pubblici.

In pratica

Gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico non hanno gli stessi poteri degli ausiliari del traffico: possono multare solo chi sosta sulle corsie riservate ai mezzi pubblici e non anche chi parcheggia sulle strisce blu senza pagare o si ferma fuori da esse ma intralcia i loro utenti. Lo dice una delle leggi Bassanini.


Per saperne di più sulla multa che hai preso e sulle modalità di ricorso per annullarla, puoi scrivere a dirittissimo@gmail.com  oppure contattare ASPES- servizi al cittadino- al numero: 02.87394434.


Ti risponderemo in brevissimo tempo per offrirti una prima consulenza gratuita sulla tua problematica! 
ASSEGNO DI MANTENIMENTO?.. SE SEI ABILE ALL'ATTIVITÀ LAVORATIVA NON TE LO CUCCHI


Il riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento nei confronti del coniuge più debole in costante diminuzione e’ dovuto sia ad un cambio di mentalità ed ad un atteggiamento diverso da parte della magistratura.
L'accertamento del diritto all'assegno divorzile dev'essere effettuato verificando l'inidoneità dei mezzi del coniuge richiedente, il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.
Tuttavia la liquidazione in concreto dell'assegno va compiuta tenendo conto delle condizioni personali ed economiche dei coniugi, valutandosi anche in rapporto alla durata del matrimonio ed al contributo apportato da ciascuno nella coppia.
  • ·redditi di entrambi = occorre determinare lo standard di vita mantenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio, occorre conoscerne "con ragionevole approssimazione le condizioni economiche derivanti dal complesso delle risorse reddituali e patrimoniali di cui ciascuno dei coniugi poteva disporre
  • Rispettive potenzialità economiche = come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore.

La linea dura sul mantenimento al coniuge debole
 La casalinga sebbene da sempre mantenuta dal marito dotata di idonea capacità lavorativa, avendo esercitato in passato attività lavorativa sia pure saltuarie non integra i presupposti per l'attribuzione dell'assegno post matrimoniale.

per ulteriori informazioni scrivici su dirittissimo@gmail.com


giovedì 25 febbraio 2016


HAI DEI DIPENDENTI?...OCCHIO AL TUO DATABASE


Un rischio che la maggior parte delle imprese tende a trascurare sono le problematiche legate ai dati informatici i quali potrebbero venire, più o meno fraudolentemente, sottratti dai dipendenti che operano all'interno dell’azienda e quindi si trovano in una posizione privilegiata di accesso alle informazioni.

Basta un click ed è possibile effettuare un backup di un intero DBMS distribuito su un supporto esterno, in un tempo esiguo un’intera banca dati può essere formattata, centinaia di informazioni andare perdute. A ciò si aggiungono le opportunità offerte dal cloud computing, spazio virtuale illimitato sul quale un dipendente malintenzionato potrebbe far confluire dati di cui intende illegittimamente appropriarsi: in poco tempo è possibile far convergere gigabyte di dati su un account Apple iCloud o Google Drive, con la conseguenza di rendere sempre più difficile la loro tracciatura una volta che abbiano raggiunto il data center e siano stati cifrati, risultando occulti perfino al gestore del servizio.

I rischi per le aziende sono da ricercarsi più nei propri dipendenti che non all’esterno.
attività illecite del collaboratore:
1.    la consultazione di siti pornografici
2.    lo scaricamento di file protetti da diritto d’autore,
3.    Sottrazione di dati;
4.    Cancellazione di dati;
5.    Cancellazioni irreversibili dei dati, tramite programmi specifici;
6.    Accesso del dipendente ai file di backup.
7.    Utilizzo dei dati per avviare un’attività in concorrenza ed utilizzo dei dati per rivenderli ad eventuali imprese concorrenti. = si ha un collegamento diretto con l’articolo 2105 c.c. secondo cui “Obbligo di fedeltà del lavoratore dipendente e divieto di concorrenza sleale”
il divieto di concorrenza: astenersi dal trattare affari in concorrenza con l’imprenditore, sia per conto proprio che di terzi
l’obbligo di riservatezza/segretezza: vieta al lavoratore di divulgare o di utilizzare, a vantaggio proprio o altrui, informazioni attinenti l’impresa, in modo da poterle arrecare danno
La societa’ danneggiata può rivolgersi a un legale per far valere i propri diritti, ma sarà comunque necessario fare ricorso a un esperto informatico per cercare di recuperare i dati cancellati e raccogliere, così, le prove del reato tramite l’hard disk .
·        il dipendente deve essersi autenticato in un dato momento per il tramite di una password segreta.
·        un’indebita violazione della privacy per i soggetti coinvolti nella sottrazione dei dati. La privacy può essere identificata con il brocardo“The right to be let alone” (lett. “il diritto di essere lasciati in pace”). Il diritto alla riservatezza della propria vita privata rischia pertanto di essere vanificato quando il cliente di un’azienda vede informazioni riservate, che tra l’altro potrebbero essere vendute alla concorrenza, divenire di dominio di persone non autorizzate.

Quali sono le RESPONSABILITA’ DEL DIPENDENTE?
responsabilità penale = gli artt. 167 e 169 del Codice della Privacy sanzionano il trattamento illecito dei dati e l’omessa adozione di misure necessarie alla sicurezza dei dati. Le pene possono andare da sei a diciotto mesi di reclusione, se dal fatto ne deriva nocumento, o da sei a ventiquattro mesi, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione; il dipendente è indubbiamente sottoposto alle sanzioni poc’anzi indicate, nel caso in cui risulti accertata la sua responsabilità
responsabilità civile =  “chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due anni”.
In alcuni casi e’ altresì necessario valutare il titolo di RESPONSABILITÀ DELL’AZIENDA ossia responsabilità penale degli enti, la materia è disciplinata, inoltre, dalla legge 547/1993 rubricata “Crimini informatici commessi da dipendenti e addebitabili all’azienda”: il datore di lavoro rischia di essere ritenuto responsabile in concorso con il dipendente a lui subordinato, che ha commesso il crimine informatico, per non aver attuato tutte le misure di prevenzione e controllo idonee a garantire la sicurezza del trattamento dei dati. Il Documento programmatico sulla sicurezza (DPS) descrive le modalità di tutela dei dati personali di dipendenti, collaboratori, clienti, utenti, fornitori ecc. da rispettare al fine di non incorrere in pesanti sanzioni penali e civili

Non aver adottato tutte le misure idonee a ridurre al minimo i rischi è considerata difatti un’agevolazione alla commissione del crimine.
Se esso non viene redatto ed in caso di controllo da parte delle autorità o in caso di fuga di dati il rischio è totalmente a carico del titolare dei dati. Con un disciplinare correttamente redatto, invece, è molto più facile difendersi dalle accuse.
Il Codice della Privacy qualifica il trattamento dei dati come attività pericolosa ed e’ prevista pertanto un’inversione dell’onere della prova nell’azione risarcitoria ex articolo 2043 c.c.: l’operatore è tenuto a fornire la prova di avere applicato le misure tecniche più idonee a garantire la sicurezza dei dati detenuti: l’azienda per evitare ogni responsabilità, deve provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, e quindi di aver posto in essere tutte le misure di sicurezza ossia la miglior tecnologia disponibile.
In generale poi a carico dell’azienda risulta comunque la responsabilità ex art 2049 c.c., ovvero la responsabilità prevista in capo a padroni e committenti = la possibilità per l’azienda di rivalersi sul proprio dipendente, mediante un’azione risarcitoria, nel caso in cui la condotta posta in essere dallo stesso integri gli estremi dell’illecito penale o civile.
DATA LEAKAGE: fuga di dati, intesa come trasferimento non autorizzato di informazioni, di solito verso l’esterno di un’organizzazione: a) perdita di dati – b) furto di dati. (la prevalenza numerica delle perdite dolose di informazioni non avviene tramite posta elettronica, ma attraverso fotocopiatrici, porte USB, laptop, supporti ottici e furto di proprietà.
DATA LEAKAGE PROTECTION: informazioni perse, poi, i danni possono andare dalla compromissione della reputazione dell’azienda a una riduzione delle entrate o al pagamento di sanzioni amministrative elevate, dovute a multe o azioni legali, perizie costosissime.
Esistono sistemi di sicurezza informatica per identificare, monitorare e proteggere i dati in uso, i dati in movimento e i dati a riposo all’interno o all’esterno dell’azienda, con il fine di individuare e prevenire l’uso non autorizzato e la trasmissione di informazioni riservate.
a)   il filtraggio e la cifratura dei contenuti della posta elettronica, al fine di evitare la fuga di informazioni confidenziali tramite e-mail;
b)   la cifratura dei computer e degli altri dispositivi che contengono dati, in modo da assicurare che solo chi possiede le adeguate credenziali o password possa accedere alle informazioni;
c)   il controllo dei dispositivi per bloccare l’utilizzo delle unità di archiviazione rimovibili, dei supporti ottici e dei protocolli di rete wireless;
d)   il controllo delle applicazioni che potrebbero essere utilizzate per la fuga di dati, come il software per la condivisione di file peer-to-peer o i servizi di cloud storage (come Dropbox) e di posta elettronica in-the-cloud;
e)   il controllo periodico di aggiornamenti e patch, in modo da assicurare protezione con configurazioni corrette e costantemente aggiornate;
f)     l’utilizzo di tecnologie DRM (Digital rights management), che impediscono la riproduzione dei dati su un numero illimitato di dispositivi.


martedì 23 febbraio 2016


HAI RICONOSCIUTO TUO FIGLIO SOLO ALCUNI ANNI DOPO LA SUA NASCITA?



Ricorda che: "l'obbligo di mantenere i figli minori sorge ex lege con la nascita, è a carico di entrambi i genitori in funzione della loro capacita contributiva, quando il figlio minore sia stato riconosciuto contestualmente da entrambi".
Se il rapporto di filiazione è stato solo successivamente accertato giudizialmente, per la fase anteriore al riconoscimento, la misura del rimborso delle spese sostenute dal solo genitore che se ne è fatto carico si fonda sulla natura solidale dell'obbligo di entrambi i genitori e sul corrispondente diritto di regresso per la corrispondente quota.

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 3332/2016 ha riconosciuto che il genitore dovrà rifondere al partner metà delle spese sostenute per il bambino negli anni precedenti:
·       corrispondere un contributo per il mantenimento del minore in favore dell’altro genitore
·        corrispondere quanto non versato fino alla nascita a titolo di arretrati relativi alle spese sostenute

= valutando le esigenze del minore da ritenersi crescenti con il passare del tempo, in correlazione con i redditi e la condizione economico patrimoniale delle parti.

A.Valutazione equitativa fondata su circostanze esaurientemente evidenziate, consistenti nel carico esclusivo per i primi anni di vita del minore, sopportato da un solo genitore, fondarsi sugli esborsi sostenuti o verosimilmente sostenibili dall'unico genitore nel periodo considerato.
  (la parte creditrice, attesa la natura del credito e il suo fondamento costituzionale e convenzionale, non è tenuta a fornire il riscontro minuto delle spese sostenute, al pari di qualsiasi altra obbligazione di carattere meramente patrimoniale.)

B. Valutazione probabilistica delle spese necessarie sulla base all'età del minore e della condizione economico patrimoniale di provenienza.



per ulteriori informazioni scrivici a dirittissimo@gmail.com

venerdì 19 febbraio 2016

CANONE RAI IN BOLLETTA? RICORSI POSSIBILI



La riforma del canone Rai, attuata con la Legge di Stabilità 2016, ha inserito il canone nella bolletta della luce, questo fatto secondo quanto sostengono alcune associazioni di consumatori, determina un nuovo rischio di incostituzionalità. Non è da escludere quindi che l’inserimento del canone Rai in bolletta comporterà una pioggia di ricorsi.
In base al regio decreto legge 21 febbraio 1938, l'imposta si applica solo a chi possiede un apparecchio adibito alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano.
il Codacons sta già studiando le possibili azioni legali, spiegando che  “snaturare il canone vincolandone il pagamento ad una bolletta sarebbe illegittimo poiché non garantisce il verificarsi della condizione essenziale per il pagamento dell’imposta,ossia il possesso di un televisore o altro apparecchio atto a ricevere frequenze tv“.
La formula studiata dal governo continua a mantenere il legame tra pagamento del canone Rai e possesso della tv: pur essendo contestuali nella stessa bolletta infatti, canone e fornitura di energia elettrica restano due voci distinte.
Con la modifica, la tassa non sarà più legata al possesso del televisore, ma a quello dei vari devine, come smartphone, tablet e pc, con cui si può vedere la Rai. Legge di Stabilità 2016 sembra aver superato concedendo la possibilità di autocertificare di non possedere la televisione.
Toccherà eventualmente al singolo utente chiedere l’esenzione dichiarando il mancato possesso di tali mezzi.
RICORSO


Garante del contribuente

·      ivolgersi al Garante del contribuente che è presente presso ogni Direzione Regionale delle Entrate e nelle province autonome di Trento e Bolzano, inviando un’istanza in carta libera.

Autotutela

·         il contribuente che ritiene che le somme richieste non siano dovute, in tutto o in parte, può presentare istanza di autotutela all’ufficio che ha emesso la richiesta di pagamento, facendo, tuttavia, attenzione alla tempistica in quanto la presentazione dell’istanza non interrompe il decorso del termine utile (60 giorni dalla notifica della cartella) entro il quale può essere effettuato il pagamento prima che inizi la riscossione coattiva o per l’impugnazione della cartella. L’istanza non ha un contenuto predeterminato; essa deve comunque indicare gli estremi dell’atto del quale si richiede l’annullamento o la revoca e i motivi a fondamento della richiesta

Commissione Tributaria Provinciale

·         Il ricorso al giudice. In questo caso, trattandosi di un tributo, per il giudizio è competente la Commissione Tributaria Provinciale. Se il contribuente non paga per tempo, l’importo dovuto a titolo di imposta sulla televisione viene iscritto a ruolo e consegnato ad Equitalia per la riscossione coattiva. In tal caso, la cartella di pagamento può essere impugnata solo per “vizi propri non per questioni attinenti al merito del tributo.


     Se desideri un chiarimento e/o spiegazione in merito ai possibili ricorsi da attuare puoi contattarci scrivendo a: dirittissimo@gmail.com .
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OCCHIO A PRESTARE LA CASA AL FIGLIO, AFFINCHÉ NE FACCIA IL PROPRIO TETTO DOMESTICO, SE NON SI FIRMA UN CONTRATTO E SI STABILISCE UN TERMINE BEN PRECISO DI SCADENZA: IL RISCHIO, INFATTI, È QUELLO DI NON POTER RECUPERARE L’IMMOBILE IN CASO DI SEPARAZIONE DELLA GIOVANE COPPIA



tipico caso giurisprudenziale

Hai concesso in comodato a tuo figlio una casa di tua proprietà affinché andasse a viverci con la moglie usandola come tetto domestico.
La coppia che nel frattempo ha avuto dei figli si separa e, la moglie ottiene il prevalente collocamento della prole presso di sé anche l’assegnazione della ex casa coniugale sebbene sia di proprietà dei suoceri.

soluzione della cassazione

·         le coppie sposate
·         le coppie di fatto conviventi “more uxorio 

Se al contratto di comodato è stato apposto un termine sin dall’inizio: il contratto di comodato si scioglie automaticamente con la separazione della coppia.
= la ex moglie, nonostante i figli “a carico”, deve smammare;
= l’immobile va restituito e non può essere assegnato alla moglie ed ai figli


Se al contratto di comodato non è stato dato alcun termine:
= nonostante la disgregazione del nucleo familiare per l’intervenuta separazione dei coniugi, la moglie può rimanere all'interno della casa assegnatagli dal giudice.
= l’abitazione resta destinata alle esigenze abitative della ex moglie
sino a quando? ad esempio, nel caso in cui il figlio diventi economicamente autosufficiente o vada a vivere, con o senza la madre, altrove.

I SUOCERI, che gli avevano prestato la casa, non possono ancora tornarne in possesso, dovendo aspettare che il nipote divenga grande o autosufficiente e lasci la casa.

unica eccezione: bisogno urgente e imprevisto

·         uso diretto e personale dell’immobile 
·         deterioramento delle condizioni economiche del comodante che giustifichi la restituzione del bene anche ai fini di una sua vendita o locazione

se un immobile concesso in comodato sia destinato ad attività commerciale non è sufficiente per ritenere il relativo contratto soggetto ad un termine implicito; pertanto il comodante può domandare la restituzione del bene prima della cessazione di tale attività.


per ulteriori informazioni scrivici a dirittissimo@gmail.com


giovedì 18 febbraio 2016






NON RIESCI A PAGARE LE RATE DI EQUITALIA? CHIEDI UNA PROROGA!


 
Se sei un contribuente al quale in passato è già stata concessa da Equitalia una rateizzazione del proprio debito, puoi chiedere una dilazione per un ulteriore periodo e fino a 120 rate.


QUANDO?




PEGGIORAMENTO DELLE DIFFICOLTÀ ECONOMICHE


= la situazione economica deve essere obbiettivamente peggiorata rispetto al momento in cui Equitalia aveva concesso la rateizzazione, in misura tale da non rendere possibile il puntuale adempimento.


  • persone fisiche à peggioramento modello ISEE del proprio nucleo familiare oppure  fatti specifici avvenuti dopo la concessione delle rate e provati tramite documentazione idonea.
  • persone giuridiche à peggioramento della situazione economico patrimoniale aggiornata - indice di liquidità inferiore - indice Alfa, oppure fatti specifici avvenuti dopo la concessione delle rate e provati tramite documentazione idonea.
  • regimi fiscali semplificati à  peggioramento modello ISEE  rispetto all’anno precedente oppure documentare gli eventi che hanno determinato l’aggravamento della situazione reddituale e patrimoniale oppure fatti specifici avvenuti dopo la concessione delle rate e provati tramite documentazione idonea.


FATTI SOPRAVVENUTI


  • cessazione del rapporto di lavoro proprio o di uno dei componenti del nucleo familiare;
  • contestuale scadenza di obbligazioni pecuniarie anche relative al pagamento corrente (in autoliquidazione) di tributi e contributi di entità rilevante in rapporto all’Isee;
  • insorgenza, nel nucleo familiare, di una grave patologia che abbia determinato ingenti spese mediche;
  • decesso di uno dei componenti, fonte di reddito, del nucleo familiare;
  • nascita di uno o più figli all’interno del nucleo familiare;
  • eventi provocati da forza maggiore;
  • improvvise e oggettive crisi di mercato anche di carattere locale;
  • cessazione dell’attività della ditta individuale (risultante dal Registro delle imprese).


PROSECUZIONE DELLA RATEIZZAZIONE


= la decadenza dalla rateizzazione si verifica in caso di mancato pagamento di  5  rate, anche non consecutive.




COME?


 
ISTANZA DI PROROGA




La proroga può essere chiesta una sola volta ed il valore di ciascuna rata non può essere inferiore a 50 Euro e deve essere presentata utilizzando l’apposito modello presente sul sito ufficiale di Equitalia.


  1. un piano di rate costante
  2. un piano di rate di importo variabile crescente anno per anno.
  3. proroga ordinaria 72 rate
  4. straordinaria 120 rate
  5. fino a 50 mila euro: è sufficiente la domanda motivata;
  6. oltre 50 mila euro: la situazione di difficoltà economica viene esaminata in base all’importo del debito e ai documenti contabili idonei a dimostrare la situazione economico finanziaria del contribuente.
Se vuoi avere una consulenza nella redazione e compilazione del modello per la rateizzazione dei tuoi debiti scrivi a dirittissimo@gmail.com.
Siamo a disposizione per aiutarti nella predisposizione di un piano di rateizzazione in base alla propria situazione.

Aspes- servizi al cittadino-Milano