giovedì 17 gennaio 2019



TFR NON PAGATO O PAGATO IN RITARDO AI PUBBLICI DIPENDENTI : COME FAR VALERE I PROPRI DIRITTI?
Il TFR è una retribuzione differita, ovvero una somma accantonata dal datore di lavoro che viene corrisposta al dipendente alla conclusione del rapporto di lavoro. Conosciuto anche come liquidazione o buonuscita, il TFR spetta sia ai dipendenti privati che agli statali.
Sussiste tuttavia una disparità di trattamento relativamente alla liquidazione del TFR (trattamento di fine rapporto) e TFS (trattamento di fine servizio) tra dipendenti pubblici e privati.
Infatti se sei un dipendente pubblico, sai che i tempi di attesa per ricevere il TFR sono molto più lunghi rispetto ai tempi per i lavoratori dipendenti privati!
E tale disparità potrebbe essere incostituzionale come presto ci dirà la Corte Costituzionale.
La problematica è stata oggetto di varie pronunce da parte della giurisprudenza, atteso che tale ritardo per i dipendenti pubblici potrebbe essere incostituzionale, ma nonostante ciò, il TFR continua ad essere pagato con colpevole ritardo.
Infatti, gli statali devono attendere diverso tempo - fino ad un massimo di 27 mesi - per ricevere il TFR.
Qual è la motivazione alla base di questa disparità di trattamento e qual è l’orientamento della giurisprudenza in merito?
TFR dipendenti pubblici: tempi per il pagamento e rateizzazione
Mentre per i dipendenti privati è il CCNL di riferimento a stabilire i tempi e le modalità per il pagamento del TFR, per gli statali, invece, sono due le norme alle quali fare riferimento: il Decreto Salva Italia 2011 e la Legge di Stabilità del 2014.
Nel dettaglio, con il primo è stato deciso che il TFR deve essere pagato:
  • entro 105 giorni: se il rapporto di lavoro è cessato per inabilità o decesso;
  • dopo 2 anni: se il rapporto di lavoro è cessato per dimissioni volontarie, licenziamento o destituzione.
La Legge di Stabilità del 2014, ha aggiunto che questo debba essere pagato:
  • dopo 1 anno: se il rapporto di lavoro è cessato per il pensionamento e raggiungimento dei requisiti di servizio o età.
Scaduti questi termini, inoltre, l’Inps ha tempo altri 3 mesi per poter procedere al pagamento della TFR; quindi, nel peggiore dei casi per ottenere la buonuscita si rischia di dover attendere fino a 27 mesi.
 Il TFR, infatti, viene pagato in un’unica soluzione quando l’importo non supera i 50mila euro (prima della Legge di Stabilità il limite era di 90.000€); in caso contrario l’erogazione avviene in due (se importo compreso tra i 50mila e i 100mila euro) o tre tranche annuali.
Trattenere la liquidazione per così tanti mesi potrebbe essere incostituzionale; lo ha stabilito il Tribunale del Lavoro di Roma, il quale ha girato la questione alla Corte Costituzionale.
Nello specifico, una dipendente del Ministero della Giustizia si è rivolta al Tribunale del Lavoro di Roma per fare ricorso contro l’INPS, colpevole di aver trattenuto la sua liquidazione per più di 27 mesi.
Il Tribunale di Roma ha accolto il suo ricorso dichiarando che le misure introdotte per far fronte alla crisi economica del Paese non possono essere “permanenti e definitive”. Queste essendo legate alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi devono venir meno una volta che viene ristabilita la normalità.
Ecco perché oggi questa differenza di trattamento tra dipendenti pubblici e privati non ha motivo di esistere.
Inoltre, come ribadito dai giudici del Tribunale di Roma,  il TFR va retribuito tempestivamente poiché bisogna considerare che il lavoratore “specie se in età avanzata, in molti casi si propone, proprio attraverso l’integrale ed immediata percezione del trattamento, di recuperare una somma già spesa o in via di erogazione per le principali necessità di vita ovvero di fronteggiare in modo definitivo impegni finanziari già assunti”.
Ritardare il pagamento del TFR per i dipendenti pubblici potrebbe equivalere quindi ad una violazione delle norme della Costituzione. Ora l’ultima decisione spetterà alla Corte Costituzionale la quale avrà il dovere di valutare la questione di incostituzionalità mossa dal Tribunale di Roma.
E’ possibile per tutti coloro che siano DIPENDENTI PUBBLICI e si trovino in codesta situazione, rivolgersi ai nostri avvocati del Lavoro e proporre ricorso presso il Tribunale del Lavoro competente!
Per maggiori info e per conoscere la procedura, scrivi a: inforicorsitfr@gmail.com  
 Avv. Luca Canevari  www.dirittissimo.it 
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lunedì 7 gennaio 2019


PENSIONI D'ORO – al via i ricorsi contro l’ultima Legge

Il maxi emendamento presentato ala commissione Bilancio ha previsto, in via definitiva, che a partire dal Gennaio 2019 per i prossimi 5 anni (fino al 2023) tramite l’introduzione di un contributo di solidarietà, viene applicato il taglio sulle c.d. “pensioni d’oro”.

L’importo delle pensioni d’oro che saranno tagliate può oscillare tra i 40 e i 200 mila Euro annui, restano escluse le pensioni ai superstiti, le pensioni interamente calcolate con il sistema contributivo, le pensioni assegnate alle vittime del dovere o del terrorismo e le pensioni d’invalidità.

Il contributo di solidarietà viene calcolato sulla base di cinque diverse fasce di aliquota che sono le seguenti:

-15% per i redditi tra 100 mila e 130 mila euro lordi
-25% per i redditi tra 130 mila euro lordi e i 200 mila euro lordi;
-30% per i redditi tra 200 mila euro lordi e i 350 mila euro lordi;
-35% per redditi tra 350 mila euro lordi e i 500 mila euro lordi;
-40% per i redditi superiori a 500 mila euro lordi annui.

Si tratta ancora una volta di far cassa sui pensionati che hanno versato regolarmente per anni i contributi, in spregio alle sentenze della Corte Costituzionale (vedi n. 116/2013) e ad i principi della nostra Costituzione. 

Per tutti coloro che rientrano in una delle categorie di cui sopra ed interessati a conoscere i dettagli della procedura per aderire al ricorso cumulativo in fase di elaborazione, possono scrivere a: 

inforicorsipensioni@gmail.com

Per maggiori informazioni: www.dirittissimo.it