venerdì 29 gennaio 2016





LAVORO AUTONOMO: L’ABC DELLE NUOVE GARANZIE



 


E’ stato finalmente approvato il DDL SUL LAVORO AUTONOMO  con tutele opportune per chi non e’ titolare di un tipico contratto di lavoro dipendente.


Servira’ per aumentare le tutele nelle transazioni commerciali e fare in modo che i lavoratori autonomi non vengano “colpiti da contratti a cui non si possono sottrarre".


Il documento provvede a tutelare le altre categorie quali ad esempio chi ha partite IVA e co.co.co , i liberi professionisti e chi ha contratti di collaborazione.


 


  1. potranno dedurre fiscalmente gli oneri sostenuti per la contro il rischio di mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo 
  2. potranno dedurre il 100% delle spese di formazione fino a 10mila euro come ad esempio la partecipazione a convegni, congressi e corsi di aggiornamento professionale
  3. potranno dedurre il 100% delle spese per i servizi di ricollocazione 
  4. potranno dedurre il 100% ma nei limiti di 5mila euro, anche per le spese per i servizi per il lavoro
  5. potranno percepire indennità di maternità anche continuando a lavorare
  6. potranno avvalersi di congedi parentali di sei mesi fino a tre anni di vita del bambino
  7. durante la gravidanza, malattia ed infortunio, il rapporto di lavoro rimane sospeso per massimo 150 giorni privi di retribuzione
  8. qualora malattia e di infortunio siano di tale gravità da impedire lo svolgimento della lavorativa per oltre 60 giorni il versamento di contributi previdenziali e premi assicurativi è sospeso per l’intera durata della malattia e infortunio fino a un massimo di 2 anni, decorsi i quali il lavoratore è tenuto a versare i contributi e premi sospesi in un numero di rate mensili pari a tre volte i mesi di stop.
  9. tempi di rimunerazione non potranno essere superiori a 60 giorni dalla fattura.
  10. E’ prevista la nullita’ delle clausole che conferiscono la facoltà di modificare unilateralmente dal contratto
  11. E’ prevista la nullita’ delle clausole che conferiscono al committente la facoltà di recedere senza preavviso dal contratto.
  12. Le invenzioni fatte dal lavoratore autonomo in esecuzione o in adempimento del contratto, i relativi diritti di utilizzo economico spettano solo al professionista
  13. il lavoratore che svolge il proprio lavoro subordinato sviluppato con smartphone o computer soprattutto “da remoto” ha diritto ad una retribuzione e trattamento normativo pari a quello dei suoi colleghi che svolgono lo stesso incarico.


 
Per qualsiasi chiarimento potete rivolgervi ad ASPES, servizi al cittadino




 
Celeste Collovati


Aspes

giovedì 28 gennaio 2016







INFORTUNIO IN PALESTRA: COME COMPORTARSI?


IN QUALI CASI E’ POSSIBILE OTTENERE UN RISARCIMENTO?

LEGGI QUI!!!


Ti è mai capitato di farti male in palestra, magari cadendo, mentre ti appresti a fare i tuoi esercizi, per esempio, sul tapis roulant?


Ci sono dei casi in cui puoi chiedere ed ottenere il risarcimento al gestore della palestra.


In linea generale è bene sapere che per il risarcimento dell’infortunio procuratovi all’interno della palestra, sono applicabili le regole che valgono per i casi di sinistri stradali.


Fra cliente e la palestra, già dal momento dell’iscrizione, s’intende concluso un vero e proprio contratto atipico, cioè non specificatamente disciplinato dal Codice Civile.


L’iscritto nel momento in cui si iscrive in palestra, acquista, dietro corresponsione di una somma di denaro a titolo di abbonamento, il diritto di usufruire della palestra e il dovere da parte dell’istruttore con una preparazione professionale di essere in grado di valutare a priori se l’iscritto può/ è capace di effettuare quel determinato esercizio senza che ciò costituisca un rischio.


Di contro, il gestore della palestra può dedurre la capacità del soggetto di esser in grado di svolgere  un certo tipo di attività, solo dopo che l’iscritto abbia consegnato il certificato medico che attesti il suo buono stato di salute.


ALCUNI CONSIGLI UTILI


Anzitutto, è consigliabile scegliere una palestra che preveda un’assicurazione il più possibile onnicomprensiva.


L’assicurazione è obbligatoria solo per i tesserati con le federazioni e discipline riconosciuti dal CONI, ma in generale i centri sportivi sono muniti di assicurazione in caso di infortunio dei clienti. La quota assicurativa in questi casi, se non è autonoma, viene inserita in quella di iscrizione o di associazione. E’ quindi buona abitudine informarsi sulle condizioni della polizza assicurativa e, in alternativa, tutelarsi autonomamente stipulando una polizza del modello delle assicurazioni R.C.: ne esistono di tutte le tipologie ed i costi sono relativamente contenuti.


Da un punto di vista pratico, appena avvenuto l’infortunio, è necessario rivolgersi subito al medico e farsi rilasciare, dopo la visita, un certificato che comprovi la gravità del danno e indichi le cure mediche da seguire.


Inoltre, è bene conservare sempre tutte le ricevute dei pagamenti effettuati per svolgere le terapie per poter ottenere il rimborso degli stessi.


Occorre avvertire dell’incidente/infortunio altresì il gestore della palestra e la Compagnia Assicuratrice, meglio se con una raccomandata con ricevuta di ritorno per conservare la prova dell’avvenuta ricezione.


Di norma, anche il medico dell’assicurazione effettua una visita per verificare l’effettivo danno, a seguito della quale verrà proposta una liquidazione.


Detto ciò, prestate attenzione alle ipotesi che si possono verificare:


1) se la palestra non è assicurata per infortuni o lo è, ma non per il tipo di infortunio avvenuto….


 In questi casi può essere utile rivolgersi ad un legale per farsi consigliare ed, eventualmente, intraprendere una causa giudiziale di risarcimento danni.


2)se gli attrezzi della palestra sono degradati…


In tali casi, dovete sapere che in virtù dell’art. 2051 cc. il gestore è il “custode” dei beni presenti all’interno dei locali e dunque ha l’obbligo di adottare tutte le cautele necessarie per preservare l’incolumità fisica dei clienti della palestra. Pertanto, deve cercare di prevenire qualsiasi situazione di pericolo dovuta al malfunzionamento degli attrezzi della palestra. A titolo esemplificativo, deve controllare che i cavi di una panca con i pesi siano ben saldi o che il pavimento non sia scivoloso.


Se trascura la regolare di ordinaria manutenzione e, a causa di ciò, si verifica un infortunio, sarà necessariamente obbligato a risarcire il danno.


Potrebbe invece sussistere una responsabilità in solido tra gestore della palestra e insegnante, per esempio di un corso che si svolge in palestra, nell’ipotesi in cui l’infortunio si verificasse durante lo svolgimento di un esercizio consigliato dall’insegnante stesso; quest’ultimo infatti potrebbe rispondere dell’infortunio assieme al gestore della struttura, poiché gli esercizi devono essere calibrati in base all’età, alle condizioni fisiche e alle effettive capacità degli allievi. La casistica è talmente vasta che è impossibile ridurla ad una regola universale.


E’ sempre consigliabile sentire il parere di un legale che possa far luce sulla della responsabilità in capo all’insegnante o al gestore.


Attenzione, perché i casi vanno valutati analiticamente di volta in volta. Esistono dei casi in cui non ci si può appellare al mancato controllo sulle attrezzature da parte del gestore della palestra (quando per esempio, la persona, un principiante, avrebbe dovuto con l’ordinaria diligenza, evitare di fare un movimento per il quale non era allenato).


Sarà poi il giudice a valutare se il danno è derivato dalla potenziale lesività dell’attrezzatura e/o a causa del comportamento negligente del gestore/insegnante. In altre parole, se il danno non è conseguenza di un comportamento imprudente e indisciplinato del cliente o di un evento totalmente imprevedibile ed eccezionale, il giudice riconoscerà un diritto al risarcimento.


TIPOLOGIE DI DANNI CHE POSSONO ESSERE RISARCITI


Generalmente vengono rimborsate le spese sostenute per le terapie e il mancato guadagno derivante dal danno, ad esempio per il fatto che non si è potuti svolgere l’attività lavorativa a causa del riposo forzato imposto dal medico.


E’ bene sapere che la giurisprudenza riconosce inoltre come risarcibili anche il c.d. danno morale e quello c.d. danno biologico.


Il primo consiste nel “momentaneo turbamento psicologico collegato alla sofferenza fisica e al dolore morale” mentre il secondo, più grave, si verifica quando l’infortunio ha inciso negativamente sullo stato d’animo di chi l’ha subito e sulla sua attitudine psicologica a partecipare alle normali attività quotidiane. La categoria è ampia e ricomprende, tra le tante, la riduzione dalla capacità di relazione con altri individui e la diminuzione dell’attitudine di una persona a lavorare, od anche la diminuzione della capacità sessuale.



Qualora vi fosse capitata una situazione simile e volete sapere se c’è possibilità di chiedere un giusto risarcimento, consigliamo di sentire il parere di un legale che Vi potrà illustrare la casistica e valutare con Voi la possibilità di intraprendere un’azione legale per ottenere quanto Vi spetta.


 


Celeste Collovati


Consulenza legale -Aspes- servizi al cittadino




 



mercoledì 27 gennaio 2016

Rivalutazione della pensione: ECCO COME FARE !!!





Cari lettori, vi parlerò di un argomento dibattuto nell'ultimo periodo, la perequazione delle pensioni, cercando di evidenziare gli aspetti salienti di una materia molto complessa e gli elementi di diritto ad essa connessi.


L'art. 69 comma 1, della Legge 23.12.2000 n. 388 disciplina compiutamente la materia della perequazione delle pensioni. L'articolo in discussione prevede l'applicazione della perequazione nella misura del 100% per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici fino a 3 volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 90% per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici compresa tra 3 e 5 volte il predetto trattamento e nella misura del 75% per la fascia di importo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo trattamento minimo.


Il Governo Monti ha emanato il decreto legge n. 201/2011, meglio conosciuto comeLegge Salva Italia, al cui art. 24 comma 25, ha disposto il blocco della perequazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 (a partire dal trattamento minimo lordo pari ad €.1.405,05=).


La Corte Costituzionale è ora intervenuta con la sentenza 70 del 2015 e ha dichiarato incostituzionale l'art 24 comma 25 della Legge n. 201 del 2011, in quanto lo ha ritenuto lesivo dei “diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale e fondati su inequivocabili parametri costituzionali quali a titolo esemplificativo: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.)". Questultimo diritto - afferma la sentenza -"è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo, attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost." così da evitare disparità di trattamento in danno dei destinatari dei trattamenti pensionistici.


Più in particolare, la Corte ha osservato che la mancata attribuzione per due anni della perequazione automatica per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, costituisce una misura restrittiva che ha effetti permanenti sull'importo delle pensioni e che i trattamenti oggetto della norma sono di importo notevolmente inferiore a quelli oggetto di un'altra misura di sospensione della perequazione, riconosciuta legittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 316 del 5 ottobre - 3 novembre 2010.


Quest'ultima ha dichiarato legittima la norma di cui all’art. 1, comma 19, della Legge 24.12.2007 n. 247,  che ha escluso, per l'anno 2008, l'applicazione della perequazione automatica per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a otto volte il trattamento minimo INPS. I trattamenti oggetto di quest'esclusione - secondo la citata sentenza n. 316 - "per il loro importo piuttosto elevato" presentavano "margini di resistenza all’erosione determinata dal fenomeno inflattivo".


Invece la sentenza n. 70/2015 in esame ha ravvisato una diversità di tale fattispecie rispetto ai trattamenti oggetto della norma dichiarata illegittima - la quale ha, peraltro, disposto il blocco della perequazione per due anni, anziché per un solo anno, come stabilito dalla norma valutata dalla precedente sentenza n. 316 -. Inoltre, sempre secondo la sentenza n. 70/2015, sono stati "valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento pensionistico”.


La Corte nell'applicare al trattamento di quiescenza, o meglio retribuzione differita, il criterio di proporzionalità alla qualità e quantità del lavoro prestato art 36 primo comma della Costituzione e nell'affiancarlo al principio di adeguatezza art 38 secondo comma della Costituzione ha tracciato un percorso coerente per il legislatore, con l'intento di inibire l'adozione di misure disomogenee e irragionevoli ( sentenza n.208 del 2014 e 316 del 2010). Con la sentenza n. 26 del 1980 questa corte ha proposto una lettura sistematica degli artt. 36 e 38 cost. con la finalità di riservare una particolare attenzione e protezione al lavoratore. Infatti la proporzionalità e l'adeguatezza non devono solo sussistere al momento del collocamento a riposo, ma vanno assicurate nel proseguo della vita in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta e all'inflazione.


Successivamente alla pronuncia della corte Costituzionale, il Consiglio dei Ministri del Governo Renzi ha approvato un decreto legge che, in parziale esecuzione della sentenza della Corte, ha previsto per tutti i pensionati che hanno subito un pregiudizio, l’erogazione dal 1° agosto di una somma “una tantum”, che varia da €.750,00= ad €.250,00=, a seconda della pensione percepita che viene ad essere inclusa in una fascia determinata.  Nell'emanazione di questo decreto si ravviva nuovamente una criticità di ordine costituzionale.


Il Governo infatti, così facendo, non riconosce più il diritto alla perequazione delle pensioni. Tale diritto doveva equivalere ad un importo che, a seguito di calcoli complessi, sarebbe dovuto diventare parte integrante della pensione e quindi avrebbe dovuto essere sommato a quanto già percepito dal pensionato e che di anno in anno avrebbe dovuto subire ulteriori aumenti. Invece il decreto Renzi prevede solamente la corresponsione di un' importo “una tantum” che verrà accreditato di volta in volta a seconda dell'importo di pensione percepito e senza che questa somma resti parte integrante del proprio reddito.


Alla luce di quanto sopra esposto, ritengo siano stati violati molteplici diritti e principi di carattere costituzionale.


Per tale ragione è doveroso intraprendere un'azione legale, affinché vengano tutelati i diritti di tutti i pensionati coinvolti dalla lesione, attraverso il deposito di un ricorso.




 Per saperne di più in merito alla procedura da attuare potete contattare Aspes 
http://www.associazioneaspes.org/
oppure scrivere a dirittissimo@gmail.com


Celeste Collovati
Aspes- servizi al cittadino





 


 

 
DIRITTI DEL PASSEGGERO DEL TRASPORTO AEREO
POSSIBILITA' DI RISARCIMENTO DEL DANNO PER DISAGI SUBITI:



 

LEGGI QUI!!!!
Sapevi che se il tuo volo è stato cancellato o il ritardo supera le tre ore, hai diritto ad un risarcimento pecuniario?

Certamente un volo cancellato all'ultimo minuto o un ritardo dello stesso per più di due ore, è fra le esperienze meno gradevoli che possano capitare. Quando saltano coincidenze, incontri di lavoro, o peggio ancora vacanze e rientri a casa dai propri cari, la rabbia diventa il sentimento predominante. Una rabbia che, a tradurla in danaro, ha un valore preciso. Tutto dipende da alcuni fattori variabili determinati da ciò che ha causato – a cascata – la cancellazione o il ritardo di quel volo.
Si stima che nel 2014 siano stati oltre 8 milioni i passeggeri “vittime” di una cancellazione aerea last minute. Un numero che, tradotto in rimborsi, vale oltre 3 miliardi di euro.

Essenzialmente sono tre le situazioni in cui si può verificare un disagio per i passeggeri:

1)     NEGATO IMBARCO. Il passeggero non viene imbarcato a causa dell’eccessivo numero di prenotazioni (c.d. “Overbooking”)

2)     CANCELLAZIONE DEL VOLO: Si verifica quando l’aereomobile non parte.

3)     RITARDO PROLUNGATO DEL VOLO: Partenza dell’aereomobile ritardata rispetto all’orario di partenza previsto.

La tutela dei passeggeri nei trasporti aerei è disciplinata dal Regolamento (CE) n. 261/2004, una legge europea che vincola tutti i vettori aerei aventi sede legale all’interno dell’Unione Europea.

Originariamente il Regolamento prevedeva un risarcimento del danno per il passeggero solo nel caso di cancellazione del volo e la somma variava da un minimo di Euro 250,00 ad un massimo di 600,00 Euro.

Successivamente, con una pronuncia della Corte di Giustizia Ue (sentenza “Sturgeon”) si è stabilito che anche i passeggeri di voli che abbiano  accumulato un ritardo pari o superiore alle tre ore o oltre, hanno diritto al risarcimento. Detta somma non è dovuta esclusivamente nel caso in cui il ritardo sia attribuibile a circostanze straordinarie, che esulano dal controllo della compagnia aerea, come uno sciopero o cattive condizioni meteorologiche, purché esse siano effettive.

Qual è il risarcimento previsto ?

I passeggeri vittime di un ritardo aereo o di una cancellazione, hanno diritto a percepire una compensazione pecuniaria da parte della compagnia aerea da un minimo di €250 fino ad un massimo di €600.

Oltre al risarcimento in termini monetari, il passeggero ha diritto anche all’assistenza che comprende: fornitura di pasti e bevande in congruità con l’attesa, sistemazione in albergo e trasferimenti da e per l’aeroporto (nel caso siano necessari uno o più pernottamenti), possibilità di effettuare due telefonate. Questo è quanto previsto anche dalla Carta dei Diritti del Passeggero.

La compensazione pecuniaria prevista in base alla Carta dei Diritti del passeggero si calcola in base alla tratta (internazionale o intracomunitaria) e alla distanza percorsa. Di seguito le specifiche:

-voli intracomunitari inferiori o pari a 1500 Km, Euro 250,00

-voli intracomunitari superiori a 1500 Km, Euro 400,00

-voli internazionali inferiori o pari a 1500 Km, Euro 250,00

-voli internazionali tra 1500 Km e 3500 Km, Euro 400,00

-voli internazionali superiori a 3500 Km, Euro 600,00.

Si dice che la compensazione pecuniaria non sia dovuta nel caso in cui:

-la compagnia aerea possa provare che la cancellazione del volo sia stata causata da circostanze eccezionali, ad esempio, avverse condizioni meteorologiche, allarmi per la sicurezza, scioperi.

-il passeggero sia stato informato della cancellazione:

1)con almeno due settimane di preavviso;

2)nel periodo compreso tra due settimane e sette giorni prima della data di partenza e nel caso in cui venga offerto un volo alternativo con partenza non più di due ore prima rispetto all’orario originariamente previsto e con arrivo presso la destinazione finale al massimo quattro ore dopo l’orario originariamente previsto.

3)meno di sette giorni prima e nel caso in cui venga offerto un volo alternativo con partenza non più di un’ora prima dell’orario originariamente previsto e con arrivo presso la destinazione finale al massimo due ore dopo l’orario originariamente previsto.

Ma vi è di più. La possibilità di ottenere, in taluni casi, anche il risarcimento del maggior danno.

Il rimborso forfetario previsto dal Regolamento comunitario citato, non può essere considerato esaustivo laddove il viaggiatore riesca a provare di aver subito, comunque, un danno ulteriore rispetto a quello forfetariamente risarcitogli.

A titolo esemplificativo, si pensi alla giornata di vacanza eventualmente non usufruita proprio a causa del ritardo nell’esecuzione del trasporto aereo, cagionato dall’overboooking, oppure, nel caso si trattasse di viaggio con destinazione Italia, presumibilmente, di rientro, sarebbe opportuno, calcolare nella somma da risarcire al viaggiatore la perdita subita sotto il profilo del mancato rientro al lavoro.

In questi casi la prova sembra facilmente fornibile presentando il contratto di soggiorno nel luogo di destinazione, nel primo caso, o il prospetto degli emolumenti annui percepiti da cui evincere facilmente il valore venale da assegnare ad una (o più) giornate di lavoro perdute a causa del ritardato rientro dovuto a responsabilità del vettore.

A riguardo, anche la Corte di Giustizia dell’UE si è espressa nel 2012, con una importante sentenza in cui ha statuito che i passeggeri, quando un volo viene cancellato, possono chiedere il rimborso per il danno morale, oltre che per quello materiale.

In tal caso, la Corte precisa che la nozione di risarcimento supplementare consente al giudice nazionale di concedere il risarcimento del danno morale cagionato dall'inadempimento del contratto di trasporto aereo alle condizioni previste dalla convenzione di Montreal o dal diritto nazionale: il risarcimento supplementare (per un limite massimo di Euro 4.750,00 per passeggero) è destinato a completare l'applicazione delle misure uniformi e immediate previste dal Regolamento 261/2004.

 Altre cause di disagi che danno diritto al risarcimento del danno

La Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 ed il Regolamento Comunitario n. 889/2002/CE, prevedono a tutela dei passeggeri del voli aerei l’obbligo di risarcire il danno fino all’importo di Euro 1.167,00 se al termine del volo il bagaglio risulta danneggiato, distrutto o smarrito.

BAGAGLIO CONSEGNATO IN RITARDO, SMARRITO O DANNEGGIATO

Tra i disagi che il viaggiatore può subire troviamo i casi di danni ai bagagli dati in consegna alle compagnie aeree.

Capita spesso infatti di giungere all’aeroporto e di non vedersi recapitare il bagaglio consegnato al vettore aereo, di riceverlo in ritardo o danneggiato o addirittura mancante di parte del suo contenuto.

Se dopo 21 giorni dalla data di arrivo del volo il bagaglio non viene ritrovato, lo stesso si considera smarrito.

Anche in questi casi la compagnia aerea dovrà risarcire il viaggiatore del danno subito se non riesce a dimostrare che lo smarrimento del bagaglio è derivato da un evento eccezionale ed imprevedibile.

Si ricordi che nella prassi il vettore aereo tende a risarcire in primo luogo i danni materiali adeguatamente comprovati (come per es. valutazione del valore economico della valigia danneggiata o acquisto di una nuova valigia in sostituzione della stessa).

I termini per formulare il reclamo nel caso di bagaglio danneggiato scadono trascorsi 7 giorni dalla data di consegna del bagaglio.

 
N.B. Tutte le azioni legali volte ad ottenere la compensazione pecuniaria per il disagio subito hanno un termine di prescrizione di tre anni dal giorno in cui il passeggero è stato vittima del disagio.


Celeste Collovati
Legale Aspes- associazione per servizi al cittadino-