martedì 25 settembre 2018


CASSAZIONE SEZIONI UNITE 24 SETTEMBRE 2018 - N.22434/2018

PENSIONE DI REVERSIBILITA’: NIENTE ASSEGNO ALL’ EX CONIUGE CHE HA PERCEPITO L’ASSEGNO DIVORZILE IN UNICA SOLUZIONE

In caso di divorzio, se l’ex coniuge ha percepito l’assegno divorzile in un’unica soluzione, non ha diritto a ricevere la reversibilità, in quanto dice la Cassazione, “la titolarita’ dell’assegno divorzile “deve intendersi come titolarita’ attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non gia’ come titolarita’ astratta del diritto all’assegno divorzile che e’ stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in una unica soluzione”.
Il presupposto per il trattamento previdenziale è il venir meno del sostegno economico ed il fatto che l’art. 9 della legge 898/1970 riconosca il diritto all'assegno di reversibilità se l’ex coniuge non si è risposato, conduce a correlare il diritto alla pensione di reversibilità all'attualità della corresponsione dell’assegno divorzile.
In tal modo è stato risolto un contrasto giurisprudenziale in seno alla Corte di Cassazione.
Per maggiori informazioni scrivere a: inforicorsipensioni@gmail.com 

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lunedì 24 settembre 2018

martedì 11 settembre 2018


ATTENZIONE ALLE COMUNICAZIONI DELL’INPS RELATIVE ALLE SOMME CORRISPOSTE IN MANIERA ERRONEA.


Non di rado, molti pensionati ricevono comunicazioni dell’INPS circa somme corrisposte in maniera erronea sulla pensione.

Si tratta di un fenomeno molto frequente nel rapporto tra Inps e pensionati, quello dell’erogazione di somme di pensione maggiori di quelle spettanti e nella maggior parte dei casi il cittadino non sa nemmeno il perché gli abbiamo corrisposto una cifra maggiore di quella che gli spettava e si trova così ad essere un debitore senza colpe.

E’ quel che è successo ad una signora nostra cliente che, da un giorno all’altro, si è vista arrivare una comunicazione in cui l’Inps le chiedeva la restituzione di ben Euro 14.000,00 con la motivazione di un errore nel calcolo della pensione comunicando che da un certo giorno, avrebbe iniziato a trattenere parte della pensione residua come rata del debito.

Che fare in tali casi?

E’ bene sapere che la Cassazione (nel 2017) si è espressa per far fronte a tali situazioni purtroppo non infrequenti, affermando che L'ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato. 


La Cassazione fa riferimento ad un principio generale di irripetibilità delle pensioni secondo cui "le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita prestazione sia dovuta a dolo dell'interessato”, ipotesi, peraltro, assai improbabile o difficile da dimostrare.

Si tratta di una pronuncia che cerca di porre rimedio ad un fenomeno molto frequente nel rapporto tra Inps e pensionati.

…..(la Cassazione sezione lavoro è n. 482/2017)

Se anche Tu hai ricevuto una richiesta di restituzione di soldi puoi contattare i nostri avvocati per tutelare la Tua posizione.

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lunedì 10 settembre 2018



INFORTUNIO IN PALESTRA: COME COMPORTARSI?

IN QUALI CASI E’ POSSIBILE OTTENERE UN RISARCIMENTO?

Ti è mai capitato di farti male in palestra, magari cadendo, mentre ti appresti a fare i tuoi esercizi, per esempio, sul tapis roulant?

Ci sono dei casi in cui puoi chiedere ed ottenere il risarcimento al gestore della palestra.

In linea generale è bene sapere che per il risarcimento dell’infortunio procuratovi all’interno della palestra, sono applicabili le regole che valgono per i casi di sinistri stradali.

Fra cliente e la palestra, già dal momento dell’iscrizione, s’intende concluso un vero e proprio contratto atipico, cioè non specificatamente disciplinato dal Codice Civile.

L’iscritto nel momento in cui si iscrive in palestra, acquista, dietro corresponsione di una somma di denaro a titolo di abbonamento, il diritto di usufruire della palestra e il dovere da parte dell’istruttore con una preparazione professionale di essere in grado di valutare a priori se l’iscritto può/ è capace di effettuare quel determinato esercizio senza che ciò costituisca un rischio.

Di contro, il gestore della palestra può dedurre la capacità del soggetto di esser in grado di svolgere  un certo tipo di attività, solo dopo che l’iscritto abbia consegnato il certificato medico che attesti il suo buono stato di salute.

ALCUNI CONSIGLI UTILI

Anzitutto, è consigliabile scegliere una palestra che preveda un’assicurazione il più possibile onnicomprensiva.

L’assicurazione è obbligatoria solo per i tesserati con le federazioni e discipline riconosciuti dal CONI, ma in generale i centri sportivi sono muniti di assicurazione in caso di infortunio dei clienti. La quota assicurativa in questi casi, se non è autonoma, viene inserita in quella di iscrizione o di associazione. E’ quindi buona abitudine informarsi sulle condizioni della polizza assicurativa e, in alternativa, tutelarsi autonomamente stipulando una polizza del modello delle assicurazioni R.C.: ne esistono di tutte le tipologie ed i costi sono relativamente contenuti.

Da un punto di vista pratico, appena avvenuto l’infortunio, è necessario rivolgersi subito al medico e farsi rilasciare, dopo la visita, un certificato che comprovi la gravità del danno e indichi le cure mediche da seguire.

Inoltre, è bene conservare sempre tutte le ricevute dei pagamenti effettuati per svolgere le terapie per poter ottenere il rimborso degli stessi.

Occorre avvertire dell’incidente/infortunio altresì il gestore della palestra e la Compagnia Assicuratrice, meglio se con una raccomandata con ricevuta di ritorno per conservare la prova dell’avvenuta ricezione.

Di norma, anche il medico dell’assicurazione effettua una visita per verificare l’effettivo danno, a seguito della quale verrà proposta una liquidazione.

Detto ciò, prestate attenzione alle ipotesi che si possono verificare:

1) se la palestra non è assicurata per infortuni o lo è, ma non per il tipo di infortunio avvenuto….

In questi casi può essere utile rivolgersi ad un legale per farsi consigliare ed, eventualmente, intraprendere una causa giudiziale di risarcimento danni.

2)se gli attrezzi della palestra sono degradati…

In tali casi, dovete sapere che in virtù dell’art. 2051 cc. il gestore è il “custode” dei beni presenti all’interno dei locali e dunque ha l’obbligo di adottare tutte le cautele necessarie per preservare l’incolumità fisica dei clienti della palestra. Pertanto, deve cercare di prevenire qualsiasi situazione di pericolo dovuta al malfunzionamento degli attrezzi della palestra. A titolo esemplificativo, deve controllare che i cavi di una panca con i pesi siano ben saldi o che il pavimento non sia scivoloso.

Se trascura la regolare di ordinaria manutenzione e, a causa di ciò, si verifica un infortunio, sarà necessariamente obbligato a risarcire il danno.

Potrebbe invece sussistere una responsabilità in solido tra gestore della palestra e insegnante, per esempio di un corso che si svolge in palestra, nell’ipotesi in cui l’infortunio si verificasse durante lo svolgimento di un esercizio consigliato dall’insegnante stesso; quest’ultimo infatti potrebbe rispondere dell’infortunio assieme al gestore della struttura, poiché gli esercizi devono essere calibrati in base all’età, alle condizioni fisiche e alle effettive capacità degli allievi. La casistica è talmente vasta che è impossibile ridurla ad una regola universale.

E’ sempre consigliabile sentire il parere di un legale che possa far luce sulla della responsabilità in capo all’insegnante o al gestore. 

Attenzione, perché i casi vanno valutati analiticamente di volta in volta. Esistono dei casi in cui non ci si può appellare al mancato controllo sulle attrezzature da parte del gestore della palestra (quando per esempio, la persona, un principiante, avrebbe dovuto con l’ordinaria diligenza, evitare di fare un movimento per il quale non era allenato).

Sarà poi il giudice a valutare se il danno è derivato dalla potenziale lesività dell’attrezzatura e/o a causa del comportamento negligente del gestore/insegnante. In altre parole, se il danno non è conseguenza di un comportamento imprudente e indisciplinato del cliente o di un evento totalmente imprevedibile ed eccezionale, il giudice riconoscerà un diritto al risarcimento.


TIPOLOGIE DI DANNI CHE POSSONO ESSERE RISARCITI

Generalmente vengono rimborsate le spese sostenute per le terapie e il mancato guadagno derivante dal danno, ad esempio per il fatto che non si è potuti svolgere l’attività lavorativa a causa del riposo forzato imposto dal medico.

E’ bene sapere che la giurisprudenza riconosce inoltre come risarcibili anche il c.d. danno morale e quello c.d. danno biologico.

Il primo consiste nel “momentaneo turbamento psicologico collegato alla sofferenza fisica e al dolore morale” mentre il secondo, più grave, si verifica quando l’infortunio ha inciso negativamente sullo stato d’animo di chi l’ha subito e sulla sua attitudine psicologica a partecipare alle normali attività quotidiane. La categoria è ampia e ricomprende, tra le tante, la riduzione dalla capacità di relazione con altri individui e la diminuzione dell’attitudine di una persona a lavorare, od anche la diminuzione della capacità sessuale.

Qualora vi fosse capitata una situazione simile e volete sapere se c’è possibilità di chiedere un giusto risarcimento, consigliamo di sentire il parere di un legale che Vi potrà illustrare la casistica e valutare con Voi la possibilità di intraprendere un’azione legale per ottenere quanto Vi spetta.


Abg. Celeste Collovati

www.dirittissimo.it - sezione diritto civile 

mercoledì 5 settembre 2018


NASPI: QUANDO E A CHI SPETTA?



Se il rapporto di lavoro con una società è regolato a partita IVA. Cosa accade in merito alla Naspi se poi non dovessero più rinnovare il contratto?



L’indennità di disoccupazione Naspi spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l’occupazione e precisamente:

  • apprendisti;
  • soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative;
  • personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Sono esclusi da questa prestazione le seguenti categorie:

  • dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni;
  • operai agricoli a tempo determinato e indeterminato;
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa;
  • lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
  • lavoratori titolari di assegno ordinario di invalidità, qualora non optino per la NASPI.

La normativa di riferimento è il D.Lgs 4 marzo 2015 n. 22 in attuazione della Legge 183/2014 meglio conosciuta come Jobs Act. In seguito la circolare dell’Inps n. 94 del 2015 che ha chiarito tutti gli aspetti della Naspi in vigore dal 1° maggio 2015.



Può richiedere la Naspi un disoccupato licenziato, che svolga un’attività come lavoratore autonomo o parasubordinato, se rispetta il limite di reddito lordo annuo che è pari ad Euro 4.800.

A tal proposito, il Ministero del lavoro con la circolare 34/2015 ha chiarito che la condizione di “non occupazione” è riferita a chi non svolge attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma.

Se invece non viene rinnovato il contratto di lavoro autonomo a partita Iva non si ha diritto alla Naspi.



Per maggiori informazioni puoi contattare il nostro Avvocato del lavoro: scrivi a dirittissimo@gmail.com.



Studio Legale Dirittissimo