martedì 12 dicembre 2017


ACCORDI DI BUONUSCITA: L’AVVOCATO DEL LAVORO COMMENTA:


Può capitare che Lavoratore e Datore di Lavoro non abbiano più interesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro intercorrente tra gli stessi.


Talvolta tale interesse è comune alle parti oppure, in altri casi, è l’azienda stessa a sondare il terreno, convocando il lavoratore e presentandogli una proposta di chiusura bonaria del rapporto ( la cosiddetta “Buonuscita”), spesso formulata come un’unica alternativa ad un minacciato licenziamento in tronco.


In questa fase è bene che il lavoratore non si sieda da solo al tavolo delle trattative con l’azienda e che si faccia assistere da un Avvocato del Lavoro, anche in considerazione che la controparte opera in tali frangenti quasi esclusivamente con l’ausilio di personale competente in materia  (avvocato del lavoro aziendale / direttore del personale / consulente del lavoro, che conducono direttamente la trattativa con il lavoratore o operano dietro le quinte, suggerendo quale strategia adottare all’azienda).



Per evitare dunque che ci sia questa sproporzionalità di tutela, è bene che il lavoratore si faccia assistere nelle trattative dagli Avvocati del Lavoro del team di Dirittissimo.



Questa fase è di fondamentale importanza e pertanto se portata avanti da avvocati esperti in diritto del lavoro può comportare ottimi vantaggi per il lavoratore, ottenendo ottimi risultati, non solo sotto il profilo delle trattative economiche, ma anche sotto l’aspetto puramente legale nella redazione dell’importante testo di accordo tra le parti (cosiddetto “Tombale”).



Perché affidarsi allo staff di Dirittissimo?


Perché l’assistenza di un team di avvocati del lavoro esperti nel licenziamento consente di possedere una valutazione altamente probabilistica di come potrebbe concludersi l’eventuale processo e dunque di maturare una consapevole aspettativa nelle trattative pregiudiziali volte all’ottenimento della cosiddetta “Buonuscita”.


I nostri legali, esperti anche in diritto del lavoro, approfondiranno il tuo caso, analizzando buste paga, bonus, premi, benefit ed ogni altro elemento economico da valutare nella relativa trattativa.


Tale valutazione, operata da Avvocati del licenziamento, consentirà di affrontare le trattative con la controparte con maggior sicurezza e decisione, elementi imprescindibili per uscirne vincenti.


Quindi non perdere altro tempo! Rivolgiti subito ad un nostro Avvocato del Lavoro e del Licenziamento!


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martedì 5 dicembre 2017


LICENZIAMENTO LAVORATRICE MADRE - L’Avvocato del Lavoro commenta:



La sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, n. 475/2017 in tema di nullità del  licenziamento di una lavoratrice nel periodo protetto.
Con la recente sentenza n. 475 dell’11 gennaio 2017 la Suprema Corte di Cassazione è tornata a precisare i confini dell’operatività delle garanzie per la lavoratrice che si trovi nel c.d. periodo protetto. La Cassazione, nell’accogliere la tesi dell’avvocato del lavoro della ricorrente, ha sancito non la mera illegittimità di un licenziamento comminato in tale periodo ma a comminare la vera e propria nullità dello stesso con ogni effetto di legge. I giudici ricordano che “gli arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità sono costanti nell’affermare che il licenziamento intimato alla lavoratrice dall’inizio del periodo di gestazione sino al compimento di un anno di età del bambino è nullo ed improduttivo di effetti ai sensi dell’art. 2 della legge 1204/71; per la qual cosa il rapporto deve ritenersi giuridicamente pendente ed il datore di lavoro inadempiente va condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall’inadempimento in ragione del mancato guadagno (tra le molte, Cass., nn. 18357/04; 24349/10). In materia, il Giudice delle Leggi ha stabilito (sentenza n. 61/91) che la violazione dell’art. 2 della legge n. 1204/71 (ora d.lg.vo n. 151/01) è totalmente improduttivo di effetti comportando la nullità del licenziamento comminato alla donna durante la gestazione o il puerperio”.
La stessa decisione ha poi respinto anche il ricorso incidentale presentato dall’avvocato del datore di lavoro.
Per saperne di più rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro contattando il 328.2408154 oppure scrivendo a: dirittissimo@gmail.com 

venerdì 1 dicembre 2017



5 CONSIGLI PER RECUPERARE LO STIPENDIO SE IL DATORE DI LAVORO NON PAGA LA BUSTA


Spesso i lavoratori, specialmente di questi tempi, si ritrovano a dover  “fare i conti” con la crisi dell’azienda e a non ricevere gli stipendi concordati. Questi, infatti, vengono sospesi, ridotti e a volte non pagati.
Che fare, allora, in questi casi? In molti si rivolgono, in prima battuta, al sindacato.

E, purtroppo, neanche in questo caso riescono ad ottenere sempre giustizia.

Così non resta che rivolgersi all’avvocato del lavoro.

L’avvocato del lavoro cerca in prima battuta di raggiungere soluzioni non conflittuali, per poi ricorrere al giudice quando proprio ha tentato tutte le carte.


Cosa, allora, potrebbe consigliarvi il vostro legale di fiducia, per recuperare lo stipendio non pagato? L’avvocato del Lavoro ve lo spiega in questo articolo

1)    La diffida
Di sicuro, un atteggiamento inizialmente collaborativo può essere una scelta vincente, specie con le aziende che hanno una momentanea crisi di liquidità. 
La lettera di sollecito (anche detta “messa in mora” o “diffida”) serve anche a interrompere i termini della prescrizione. La lettera viene redatta dall’avvocato del Lavoro e in essa è sempre meglio quantificare con esattezza l’importo dovuto, quanto meno indicando le mensilità e gli altri emolumenti che non sono stati pagati.
Se poi il conteggio è complesso, e include anche rivendicazioni di straordinari e permessi non retribuiti, meglio farsi redigere un conteggio analitico da un consulente del lavoro (documento che, eventualmente, potrà anche essere allegato alla lettera di diffida).

2)    La conciliazione alla DTL

La Direzione Territoriale del Lavoro è un organo che si trova in tutte le province (ha infatti sostituito la vecchia DPL, Direzione Provinciale del Lavoro). Tra i suoi compiti vi è quello di svolgere dei tentativi di conciliazione tra lavoratori e datore di lavoro (tentativi che, una volta, dovevano essere esperiti obbligatoriamente prima di fare la causa in tribunale; oggi invece sono liberi e volontari).
Il tentativo di conciliazione, che si svolge davanti a un avvocato del Lavoro e uno dell’azienda, con un presidente della commissione, è gratuito e relativamente breve (tutto si svolge in una udienza o al massimo due). A seconda del carico di lavoro dell’ufficio, la convocazione delle parti viene effettuata a distanza di poche settimane dalla richiesta.
Su richiesta dell’Avvocato del lavoro, la DTL comunicherà poi alle parti la data dell’incontro. In tale sede, il mancato raggiungimento dell’accordo non ha alcuna ripercussione né sanzione per entrambe le parti. Al contrario, il verbale di accordo diventa titolo esecutivo e consente al lavoratore – in caso di inadempimento del datore – di andare direttamente dall’ufficiale giudiziario per il pignoramento (previa notifica dell’atto di precetto). Ma per questo è necessario comunque valersi di un avvocato che spiegherà meglio la procedura.

3) La negoziazione assistita

Lo strumento è stato appena inserito dalla nuova riforma della giustizia e richiede la presenza degli avvocati del lavoro di entrambe le parti. Anch’esso è un sistema di risoluzione stragiudiziale della controversia, che mira a tentare un accordo bonario tra le parti.

4) Tentativo di conciliazione monocratico

Sempre presso la DTL il lavoratore può chiedere l’intervento di un ispettore che verifichi se il datore è in regola con le norme lavoristiche e contributive. Come lo strumento della conciliazione, anche questo è volontario, facoltativo.

A differenza dell’altro tentativo di conciliazione in DTL, in tal caso, se non si raggiunge l’accordo, scatta una verifica presso la sede del datore per accertare (con acquisizione di documentazione e testimonianze) se il rapporto di impiego si è svolto correttamente o meno. E, in quest’ultimo caso, potrebbero essere comminate all’azienda sanzioni particolarmente rilevanti.

5) Ricorso in Tribunale

La carta del tribunale è sicuramente l’ultima strada da considerare: sia per i tempi che comporta, sia per i costi, sia soprattutto per la forte conflittualità che si potrebbe creare tra le parti in causa.
Tuttavia, se l’azienda è a rischio insolvenza e, quindi, in procinto di fallimento, forse è meglio non aspettare e procedere subito con la via giudiziale: in tal modo vi procurereste subito un titolo da spendere poi, in caso di fallimento, innanzi al giudice delegato e ottenere più velocemente il pagamento.


Se desideri un contatto telefonico o un appuntamento chiama il 328.2408154 oppure scrivi a: dirittissimo@gmail.com!

Uno dei nostri avvocati del lavoro sarà subito a disposizione per Te.