venerdì 5 ottobre 2018


CONSIGLI PER RECUPERARE LO STIPENDIO SE IL DATORE DI LAVORO NON PAGA LA BUSTA

Spesso i lavoratori, specialmente di questi tempi, si ritrovano a dover  “fare i conti” con la crisi dell’azienda e a non ricevere gli stipendi concordati. Questi, infatti, vengono sospesi, ridotti e a volte non pagati.
Che fare, allora, in questi casi? In molti si rivolgono, in prima battuta, al sindacato.
E, purtroppo, neanche in questo caso riescono ad ottenere sempre giustizia.
Così non resta che rivolgersi all’avvocato del lavoro.

L’avvocato del lavoro cerca in prima battuta di raggiungere soluzioni non conflittuali, per poi ricorrere al giudice quando proprio ha tentato tutte le carte.

Cosa, allora, potrebbe consigliarvi il vostro legale di fiducia, per recuperare lo stipendio non pagato?

1)    La diffida
Di sicuro, un atteggiamento inizialmente collaborativo può essere una scelta vincente, specie con le aziende che hanno una momentanea crisi di liquidità.
La lettera di sollecito (anche detta “messa in mora” o “diffida”) serve anche a interrompere i termini della prescrizione. La lettera viene redatta dall’avvocato del Lavoro e in essa è sempre meglio quantificare con esattezza l’importo dovuto, quanto meno indicando le mensilità e gli altri emolumenti che non sono stati pagati.
Se poi il conteggio è complesso, e include anche rivendicazioni di straordinari e permessi non retribuiti, meglio farsi redigere un conteggio analitico da un consulente del lavoro (documento che, eventualmente, potrà anche essere allegato alla lettera di diffida).
2)    La conciliazione alla DTL

La Direzione Territoriale del Lavoro è un organo che si trova in tutte le province (ha infatti sostituito la vecchia DPL, Direzione Provinciale del Lavoro). Tra i suoi compiti vi è quello di svolgere dei tentativi di conciliazione tra lavoratori e datore di lavoro (tentativi che, una volta, dovevano essere esperiti obbligatoriamente prima di fare la causa in tribunale; oggi invece sono liberi e volontari).
Il tentativo di conciliazione, che si svolge davanti a un avvocato del Lavoro e uno dell’azienda, con un presidente della commissione, è gratuito e relativamente breve (tutto si svolge in una udienza o al massimo due). A seconda del carico di lavoro dell’ufficio, la convocazione delle parti viene effettuata a distanza di poche settimane dalla richiesta.
Su richiesta dell’Avvocato del lavoro, la DTL comunicherà poi alle parti la data dell’incontro. In tale sede, il mancato raggiungimento dell’accordo non ha alcuna ripercussione né sanzione per entrambe le parti. Al contrario, il verbale di accordo diventa titolo esecutivo e consente al lavoratore – in caso di inadempimento del datore – di andare direttamente dall’ufficiale giudiziario per il pignoramento (previa notifica dell’atto di precetto). Ma per questo è necessario comunque valersi di un avvocato che spiegherà meglio la procedura.
3) La negoziazione assistita
Lo strumento è stato appena inserito dalla nuova riforma della giustizia e richiede la presenza degli avvocati del lavoro di entrambe le parti. Anch’esso è un sistema di risoluzione stragiudiziale della controversia, che mira a tentare un accordo bonario tra le parti.

4) Tentativo di conciliazione monocratico
Sempre presso la DTL il lavoratore può chiedere l’intervento di un ispettore che verifichi se il datore è in regola con le norme lavoristiche e contributive. Come lo strumento della conciliazione, anche questo è volontario, facoltativo.
A differenza dell’altro tentativo di conciliazione in DTL, in tal caso, se non si raggiunge l’accordo, scatta una verifica presso la sede del datore per accertare (con acquisizione di documentazione e testimonianze) se il rapporto di impiego si è svolto correttamente o meno. E, in quest’ultimo caso, potrebbero essere comminate all’azienda sanzioni particolarmente rilevanti.

5) Ricorso in Tribunale
La carta del tribunale è sicuramente l’ultima strada da considerare: sia per i tempi che comporta, sia per i costi, sia soprattutto per la forte conflittualità che si potrebbe creare tra le parti in causa.
Tuttavia, se l’azienda è a rischio insolvenza e, quindi, in procinto di fallimento, forse è meglio non aspettare e procedere subito con la via giudiziale: in tal modo vi procurereste subito un titolo da spendere poi, in caso di fallimento, innanzi al giudice delegato e ottenere più velocemente il pagamento.

Per maggiori informazioni, potete scrivere a: dirittissimo@gmail.com 

-Studio legale Dirittissimo