LICENZIAMENTO PER SOPRAVVENUTA
INIDONEITA’ ALLA MANSIONE
L’Avvocato
del Lavoro con questo articolo commenta una decisione della Suprema Corte (Cass. Sez. Lav. 16 maggio 2016, n.
10018) relativa ad
un’impugnazione di un licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla
mansione, ricorso depositato da un collega Avvocato del Lavoro di Torino.
Si tratta
di un lavoratore, licenziato a causa di una sopravvenuta infermità relativa
parziale permanente che lo ha reso inidoneo a svolgere le mansioni precedente
operate in azienda.
Erroneamente,
a parere della Corte di Cassazione, l’azienda datrice di lavoro aveva
giustificato il licenziamento, motivando tale scelta sul presupposto che fosse
impossibile assegnare al lavoratore diverse ma equivalenti mansioni rispetto a
quelle prestate sino a quel momento e che il lavoratore non avesse
preventivamente manifestato espressamente la propria volontà ad un eventuale
demansionamento.
Il
ricorso per Cassazione presentato dall’Avvocato del Lavoro di Torino veniva
pertanto accolto dalla Corte, la quale ha affermato come sia onere del datore
di lavoro dimostrare non solo l’inidoneità fisica del lavoratore a svolgere
l’attività lavorativa attuale e/o equivalente, ai sensi dell’Art. 2113 c.c., ma anche, in difetto, a mansioni diverse ovvero eventualmente
inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa,
secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore.
Pertanto,
in tali casi, è opportuno che il lavoratore si rivolga ad un Avvocato del
Lavoro per verificare preventivamente se la società datrice di lavoro abbia
operato correttamente tale valutazione, estesa anche a mansioni inferiori, ed
in caso contrario, procedere con l’impugnazione del licenziamento, presso il
competente Tribunale.
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