mercoledì 17 aprile 2019


PROTOCOLLI D’INTESA: STOP ALLE LITI TRA CONIUGI PER LE SPESE
Le spese straordinarie sono sempre state un argomento di conflittualità per le coppie separate e divorziate in quanto ogni soggetto coinvolto tentava, come si suol dire, di tirare l’acqua al proprio mulino.
Oltre a ciò si consideri che i Giudici chiamati a dirimere le questioni loro sottoposte spesso decidevano in maniera diversa casi simili.
Per dirimere tali controversie, diversi Tribunali italiani, come rende noto l’Avv. Luca Avaldi esperto in diritto di famiglia, tra il 2014 ed il 2015, hanno sottoscritto con i Consigli dell’Ordine degli Avvocati dei c.d “protocolli d’intesa” con i quali hanno codificato le spese che possono essere definite straordinarie e, tra queste, quali possano essere effettuate senza preventivo accordo dei genitori e quali invece richiedano il preventivo accordo dei genitori.
Prima dell’introduzione dei suddetti protocolli molti genitori chiedevano all’altro che gli rimborsasse, quali spese straordinarie, ogni acquisto che effettuavano (mensa scolastica, vestiario, giochi ecc.), in alcune occasioni senza documentare l’acquisto e di sovente con la pretesa che il rimborso venisse effettuato il giorno successivo alla comunicazione.
L’introduzione dei suddetti protocolli d’intesa ha fatto chiarezza su diversi aspetti relativi alla ripartizione delle spese tra coniugi, stabilendo ad esempio che le spese per la mensa, salvo diverso accordo dei genitori, non rientrano tra le spese straordinarie che il genitore deve rimborsare all’altro. I protocolli prevedono inoltre che il 50% delle spese straordinarie sostenute da uno dei genitori, devono essergli  rimborsate entro 15 giorni dalla richiesta documentata e che non tutte le spese straordinarie devono essere necessariamente concordate dai genitori, lasciando a ciascuno uno minimo di autonomia.
Non tutto è risolto ma i protocolli d’intesa hanno agevolato gli avvocati e diminuito la conflittualità tra i genitori che hanno scelto di dividersi.

Se vuoi esporre la Tua questione di diritto di famiglia, scrivi a: studiolegale@dirittissimo.com 


Avv. Luca Avaldi

martedì 9 aprile 2019


ATTENZIONE ALLE COMUNICAZIONI DELL’INPS RELATIVE ALLE SOMME CORRISPOSTE IN MANIERA ERRONEA


Non di rado, molti pensionati ricevono comunicazioni dell’INPS circa somme corrisposte in maniera erronea sulla pensione.
Si tratta di un fenomeno molto frequente nel rapporto tra Inps e pensionati, quello dell’erogazione di somme di pensione maggiori di quelle spettanti e nella maggior parte dei casi il cittadino non sa nemmeno il perché gli abbiamo corrisposto una cifra maggiore di quella che gli spettava e si trova così ad essere un debitore senza colpe.
E’ quel che è successo ad una signora che si è rivolta ad un avvocato previdenziale, poiché, da un giorno all’altro, si è vista arrivare una comunicazione in cui l’Inps le chiedeva la restituzione di ben Euro 14.000,00 con la motivazione di un errore nel calcolo della pensione comunicando che da un certo giorno, avrebbe iniziato a trattenere parte della pensione residua come rata del debito.

Che fare in tali casi?

E’ bene sapere che la Cassazione (con sentenza del gennaio 2017) si è espressa per far fronte a tali situazioni purtroppo non infrequenti, affermando che L'ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato.

La Cassazione fa riferimento ad un principio generale di irripetibilità delle pensioni secondo cui "le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita prestazione sia dovuta a dolo dell'interessato”, ipotesi, peraltro, assai improbabile o difficile da dimostrare.

Si tratta di una pronuncia che cerca di porre rimedio ad un fenomeno molto frequente nel rapporto tra Inps e pensionati.

…..(la Cassazione sezione lavoro è n. 482/2017)

Se anche tu hai ricevuto una comunicazione di tal genere, contatta un nostro avvocato previdenziale per accertare che la richiesta da parte dell’Inps sia legittima, prima di accettare di restituire la somma richiesta.

Per info e contatti: studiolegale@dirittissimo.com  

visita: www.dirittissimo.com - sezione previdenziale

Avv. Luca Canevari



mercoledì 3 aprile 2019


LICENZIAMENTO DISCIPLINARE DEL LAVORATORE DIRIGENTE

Qualora fosse già nota la volontà di procedere al licenziamento da parte dell’azienda ancor prima di attendere le giustificazioni del lavoratore, ciò ha valenza per fare ritenere illegittimo il successivo recesso?

L’Avvocato del Lavoro preliminarmente chiarisce che l’Art. 7 della L. 300/1970 prevede che le norme disciplinari relative alle sanzioni devono essere portate a conoscenza dei lavoratori.

Pertanto, il lavoratore non può subire alcun provvedimento disciplinare senza che i suoi comportamenti gli siano stati contestati preventivamente.

Più precisamente, il comma 5 dell’articolo in oggetto prevede un termine perentorio di cinque giorni dal ricevimento della contestazione disciplinare, affinché il lavoratore possa giustificare l’addebito disciplinare contestatogli. Da ciò si evince che non rileva il momento in cui si sia formato nel datore il proposito di licenziare il dipendente, bensì l’esternalizzazione del relativo atto (lettera di contestazione).

È questo il caso della sentenza oggetto del commento del Nostro Avvocato del Lavoro, dove la Corte di Cassazione, si è occupata di un caso di licenziamento avvenuto al termine di un regolare procedimento disciplinare, rispetto al quale il dipendente, in maniera fortuita, era riuscito ad ottenere un documento che attestava la volontà dei vertici societari di procedere al licenziamento ancor prima delle giustificazioni.

Essendo un dirigente, il Tribunale ha accertato che il licenziamento era da ritenersi giustificato ai sensi del Ccnl, pur non essendo corredato da una giusta causa, con il conseguente diritto del lavoratore a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso.

La richiesta avanzata dall’Avvocato del Lavoro di far dichiarare illegittimo il licenziamento subito dal dirigente veniva respinta ed in secondo grado la Società era stata condannata.

A fronte di tale pronuncia, un collega Avvocato del Lavoro ricorreva in Cassazione, in favore del dirigente lamentando gravi violazioni di legge inerenti al procedimento disciplinare (Art. 7 L. 300/1970) e altresì la violazione della disciplina degli atti unilaterali recettizi (Artt. 1334 e 1335 c.c).

In tale caso, il giudice di merito, oltre a sottolineare il noto principio che vede applicare le garanzie di cui all’Art. 7 l. 300/1970 anche alla figura del dirigente, ha affermato che un documento  diretto ad un terzo e non inviato al diretto interessato, per il quale si preannuncia, al termine di una sanzione disciplinare, l’intenzione di licenziare, non può in alcun modo configurare un licenziamento, considerando la sua natura recettizia e dunque, il medesimo si perfeziona solo una volta giunto a conoscenza del destinatario.

Nel caso oggetto dell’analisi dell’Avvocato del Lavoro, si tratta di una comunicazione confidenziale, alla quale non è possibile riconoscere né una natura negoziale né natura di atto giuridico in senso stretto.

Pertanto, la Suprema Corte afferma che ‹‹non rileva il momento in cui si sia formato nel datore il proposito di licenziare il dipendente, ma quello dell’esternazione del relativo atto››. Pertanto, finché non sia stato manifestato attraverso un atto avente efficacia esterna, non solo è da considerarsi non idoneo a sciogliere il rapporto di lavoro, ma è pur sempre superabile alla luce delle giustificazioni offerte nel corso del procedimento disciplinare.

L’Avvocato del Lavoro rileva come, soprattutto per quanto riguarda le imprese aventi natura societaria è possibile che il Consiglio di Amministrazione deliberi, in prospettiva di un licenziamento di un dipendente sottoposto a procedimento disciplinare, prima del decorso del termine.

Pertanto solo rivolgendosi ad un esperto Avvocato del Lavoro, il lavoratore potrà sapere preventivamente se sussistono i presupposti per poter procedere efficacemente all’impugnazione di un licenziamento emesso nei confronti di un dirigente.

Se desideri esporci il Tuo caso, scrivi a: studiolegale@dirittissimo.com per metterti in contatto con il nostro avvocato del Lavoro

www.dirittissimo.com - sezione lavoro 



LAVORI USURANTI: Possibilità di pensione in anticipo. Con quali requisiti?

Se svolgi delle mansioni particolarmente pesanti, oppure ti assegnano lavori di notte potresti rientrare nella categorie di coloro che svolgono lavori usuranti.

L’elenco di tali lavori è previsto in un decreto del 2011 e comprende:

-chi lavora in galleria, cava o miniera;
-chi lavora in cassoni ad aria compressa;
-chi lavora ad alte temperature;
-chi lavora il vetro cavo;
-chi lavora per asportare l’amianto;
-lavori svolti prevalentemente e continuativamente in spazi ristretti (attività di manutenzione, riparazione navale)
-conducenti di veicoli adibiti al servizio pubblico di trasporto collettivo, con capienza superiore a 9 posti;
-chi lavora a catena o in serie.

Per aver accesso alla pensione agevolata, l’attività usurante deve esser stata svolta:
-per almeno 7 anni, negli ultimi 10 anni di vita lavorativa;
-per almeno metà della vita lavorativa

Il beneficio della pensione di anzianità riconosciuto a tali categorie, è esteso anche a chi svolge lavori in orari notturni.
Si tratta di una particolare tipologia di pensione di anzianità, raggiungibile con una determinata quota minima (ovvero la somma del requisito di età e del requisito di contribuzione).
La quota è pari a 97,6 con almeno:
1)61 anni e 7 mesi di età;
2)35 anni di contributi.
A seconda del tipo di contribuzione, possono essere alzati di 1 anno i requisiti (es. per chi ha una contribuzione mista da lavoro dipendente ed autonomo).

COME E QUANDO INVIARE LA DOMANDA DI PENSIONE PER LAVORO USURANTE:

Prima della domanda di pensione, occorre inviare una domanda all’Inps per certificare il possesso dei requisiti. 

La domanda va inviata entro il 1 Maggio dell’anno precedente a quello in cui si maturano i requisiti agevolati.

L’Inps certifica il possesso dei requisiti e da’ la possibilità poi di chiedere la pensione vera e propria.

Per gli adempimenti necessari alla presentazione della domanda, contatta un avvocato del lavoro e previdenziale di Dirittissimo ai nostri contatti:

mail: studiolegale@dirittissimo.com  – tel: 328.2408154